Data: 28/07/2017 | News
In psicologia, resilienza è una parola che indica la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza alienare la propria identità.
La resilienza è una qualità indispensabile per sopravvivere a grandi tragedie (pensiamo ai profughi o a chi vive sotto ai bombardamenti nelle zone di guerra), ma sta diventando una capacità da allenare anche nella vita di tutti i giorni: significa, per esempio, imparare a non farsi vincere dalla paura di un attacco terroristico, che oggi tocca concerti, piazze, luoghi simbolici e legati alla quotidianità degli esseri umani.
La necessità di combattere ha la sua ragion d’essere nell’inevitabilità delle sconfitte, delle delusioni e dei conflitti quotidiani, fino a quegli sconvolgimenti esistenziali, come una violenza o la perdita di una persona cara, che, spezzando un equilibrio preesistente, pongono colui che li ha subiti di fronte a una serie di interrogativi: “Perché proprio a me?” “Che senso ha quanto mi è accaduto?”
Se è vero che certe ferite non si rimargineranno mai completamente, qualunque trauma, se non vissuto passivamente come punizione o negazione della felicità, può rappresentare, nel suo accadere repentino e imprevedibile, un’occasione di realizzazione superiore, al pari della condizione del cigno che si è sviluppato a partire dal brutto anatroccolo della nota favola di Andersen (Cyrulnik, 2002).
Essere resilienti non significa solo saper opporsi alle pressioni dell’ambiente, ma implica una dinamica positiva, una capacità di andare avanti, nonostante le crisi e permette la ricostruzione di un percorso di vita. Si tratta di un dono inestimabile, che permette di superare le difficoltà, ma che non rende invincibili, e non è neppure presente sempre e comunque: possono, infatti, verificarsi momenti in cui le situazioni sono troppo pesanti da sopportare, generando un’instabilità più o meno duratura e pervasiva.
La resilienza non è una caratteristica che è presente o assente in un individuo; essa presuppone, invece, comportamenti, pensieri ed azioni che possono essere appresi da chiunque.
Avere un alto livello di resilienza non significa non sperimentare affatto le difficoltà o gli stress della vita,
non significa essere infallibili, ma disposti al cambiamento quando necessario; disposti a pensare di poter sbagliare, ma anche di poter correggere la rotta.
Gli individui resilienti hanno, insomma, trovato in se stessi, nelle relazioni umane, e nei contesti di vita, quegli elementi di forza per superare le avversità, definiti fattori di protezione, contrapposti ai fattori di rischio, che invece diminuiscono la capacità di sopportare il dolore.
Tra i fattori di rischio che espongono a una maggiore vulnerabilità agli eventi stressanti, diminuendo la resilienza, secondo Werner e Smith (1982) troviamo i fattori emozionali (abuso, bassa autostima, scarso controllo emozionale), interpersonali (rifiuto dei pari, isolamento, chiusura), familiari (bassa classe sociale, conflitti, scarso legame con i genitori, disturbi nella comunicazione), di sviluppo (ritardo mentale, disabilità nella lettura, deficit attentivi, incompetenza sociale).
Tra i fattori protettivi, invece, gli autori ne individuano di individuali e familiari. Tra i primi, l’essere primogenito, un buon temperamento, la sensibilità, l’autonomia unita alla competenza sociale e comunicativa, l’autocontrollo, e la consapevolezza e fiducia che le proprie conquiste dipendono dai propri sforzi (locus of control interno).
I fattori protettivi familiari comprendono l’elevata attenzione riservata al bambino nel primo anno di vita, la qualità delle relazioni tra genitori, il sostegno alla madre nell’accudimento del piccolo, la coerenza nelle regole, il supporto di parenti e vicini di casa, o comunque di figure di riferimento affettivo.
Se volessimo tracciare un profilo della persona resiliente, questa dovrebbe avere le seguenti caratteristiche:
una visione positiva di sé ed una buona consapevolezza sia delle abilità possedute che dei punti di forza del proprio carattere;
la capacità di porsi traguardi realistici e di pianificare passi graduali per il loro raggiungimento;
adeguate capacità comunicative e di “problem solving”;
una buona capacità di controllo degli impulsi e delle emozioni.
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